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L'origine di un'idea. Storia del movimento psicoanalitico dalla sua nascita fino alla morte di S. Freud. (Prima parte)

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“Gli uomini sono forti finché si fanno promotori di idee forti; diventano impotenti se le si oppongono”.

                                                                    (S. Freud)

In questo lavoro vorrei ripercorrere la storia degli inizi del movimento psicoanalitico, soffermandomi, in particolare, su alcuni scismi e separazioni che mi sembrano particolarmente rilevanti.

Già dagli ultimissimi anni del ‘800, a Vienna iniziarono a diffondersi le prime novità di quella che sarebbe diventata la nuova scienza psicoanalitica, frutto anche degli studi che Freud ebbe modo di condurre con alcuni dei migliori medici del tempo: dai seminari di Charcot sull'ipnosi al Salpêtrière, agli studi sull'isteria con Breuer, dai quali nacque, nel 1895, il celebre testo. Esso, insieme a “L’interpretazione dei sogni” (1900), rappresentò la prima grande opera nella quale Freud offrì al mondo i primi argomenti della sua nuova creatura.

Con il passare degli anni, iniziarono a radunarsi intorno al Maestro una serie di medici e non, desiderosi di apprendere ed approfondire la psicoanalisi. Nel 1902, Wilhelm Stekel, medico e amico di Freud, gli propose di organizzare degli incontri nei quali poter discutere le novità della neo-nata scienza.

Il 2 novembre 1902, Freud invitò per la prima volta nel suo studio Stekel, gli psichiatri Alfred Adler e Rudolf Reitler, e Max Kahane per parlare di psicologia e di neuropatologia. Il gruppo decise di incontrarsi ogni mercoledì nella sala d’attesa dello studio di Freud. Fu cosi che nacque la Società del Mercoledì, che pochi anni dopo, precisamente nel 1908, sarebbe diventata  la Società Psicoanalitica di Vienna.

Nel 1907 entrò a far parte di tale società anche il cosiddetto gruppo degli Zurighesi, guidato da E. Bleuler e formato anche da altri medici che avevano avuto modo di lavorare con lui al Burghölzli, celebre clinica svizzera, come C. G. Jung, L. Binswanger e K. Abraham. Tale gruppo rappresenterà, come vedremo, motivo di conflitti e di dissensi con il gruppo dei Viennesi.

Nell’aprile del 1908, a Salisburgo fu istituito il 1° Congresso Psicoanalitico che, per molti versi, segnò un iniziale deterioramento del tessuto della Società. In tal occasione, infatti, Freud, in risposta alla proposta fatta dagli Zurighesi, decise di nominare Bleuler e Jung rispettivamente co-direttore e redattore della rivista ufficiale del gruppo, il Jarbuch für Psychoanalytische und Psychopatologische Forshungen (Annuario di ricerche psicoanalitiche e psicopatologiche). Tale decisione fece serpeggiare all'interno del movimento l’idea che il Maestro preferisse il gruppo di Zurigo a quello di Vienna, e, a dire il vero, tale idea non era del tutto infondata. Come infatti sottolinea G. Zanda nel suo intervento in occasione del XXV° Convegno della rivista Psicoanalisi e Metodo, in quel tempo Freud era fermamente deciso a far uscire la psicoanalisi dai confini di Vienna, ad evitare che essa potesse essere identificata come una scienza ebraica e ad aprirsi all'università, obiettivi che avrebbero potuto essere raggiunti appoggiandosi ad un’istituzione come il Burghölzli.

Il movimento continuò ad accrescersi e ad espandersi anche oltreoceano. Siamo nel settembre del 1909 quando Freud, insieme a Ferenczi e Jung, partì per gli Stati Uniti, invitato dal Prof. Hall a tenere delle conferenze presso la Clark University a Boston, in Massachusetts. È in tal occasione che il padre della psicoanalisi, rivolgendosi a Jung pronunciò la celebre frase: “Non sanno che andiamo a portare la peste”.

Nonostante la progressiva apertura all'esterno, e a dir il vero, forse proprio in ragione di questa, continuarono i dissapori all'interno del movimento, facendosi sempre più aspri. Circa sei mesi dopo il viaggio in America, in occasione del 2° Congresso psicoanalitico a Norimberga, venne fondata l’I.P.A, International Psychoanalytical Association. Freud e Ferenczi avanzarono l’ipotesi che essa potesse avere sede a Zurigo e che Jung potesse presiederla a vita. Di fronte a tale proposta assistiamo ad un vero e proprio strappo di quel tessuto che già due anni prima aveva iniziato a deteriorarsi: il gruppo Viennese, opponendosi con forza ad essa, riuscì a giungere ad un compromesso: la carica sarebbe durata due anni e la sede sarebbe stata la stessa del presidente di volta in volta in carica, primo dei quali fu Jung. Inoltre per cercare di ricucire i “lembi” del Movimento, Freud concedette ad Adler la presidenza della Società Psicoanalitica Viennese e, insieme a Stekel, la redazione della rivista “Zentralblatt für Psichoanalyse”.

Al 2° Congresso non partecipò Bleuler, che, sentendosi escluso dal movimento decise di rassegnare le sue dimissioni, interrompendo, di fatto, i rapporti tra il Burghölzli e Vienna. Secondo E. Jones, tali dimissioni furono causate dall'antipatia di Bleuler per Jung, reo di aver abbandonato l’ospedale per poter partecipare più attivamente al Movimento.

Nel 1911 assistiamo alla prima grande defezione: in tale anno, infatti, Adler decise di dimettersi dall’ I. P. A e di fondare la “Società per la Libera Psicoanalisi” che diventerà poi “Società di Psicologia Individuale”.

Dietro tale separazione mi sembra possano esserci sia ragioni dovute a differenze teoriche sia delle incongruenze di carattere; del resto il movimento psicoanalitico prima di essere tale era costituito da un gruppo di uomini che cercavano di andare d’accordo tra loro.

Nelle sue opere Adler mostra un progressivo spostamento di interesse dall'inconscio all'io, anticipando il filone della psicologia dell’io di H. Hartmann e della psicologia interpersonale legata ad autori come E. Fromm e H.S. Sullivan. L’analista austriaco sosteneva che la nevrosi fosse legata non tanto ad un conflitto tra istanze quali l’Io e l’Es, come sosteneva Freud, quanto  a quello tra altre due istanze presenti nell'uomo: “la volontà di potenza”, intesa come il bisogno di sopravvivere, e il “sentimento sociale”, che trova il suo compimento nella partecipazione alla società; solo la coesistenza tra di esse avrebbe potuto garantire la “salute mentale”.

Altre differenze che possiamo riscontrare tra i due sono la dimensione finalistica adleriana in luogo di una visione deterministica e l’assenza dell’uso di libere associazioni, metodo principe della psicoanalisi freudiana.

Freud nei suoi testi, ed in particolare nello scritto “Per una storia del movimento psicoanalitico” criticò molto aspramente Adler: ritenne la sua attitudine a comprendere il valore del metodo inconscio particolarmente scarsa, lo tacciò di aver copiato alcuni dei suoi concetti appresi in dieci anni di studi insieme, lo accusò di tenere conto solo di quei moti pulsionali che aggradano l’io, non considerando quelli che si oppongono all'io, fondamentali per comprendere la nevrosi; gli rimproverò di non cogliere la differenza tra sogno e pensiero onirico latente e di aver dato poco spazio alla dimensione della libido; proprio a tal proposito affermò: “L’umanità oppressa dal giogo delle proprie esigenze sessuali, è pronta ad accettare tutto, purché le si faccia balenare il miraggio del “superamento della sessualità”(S. Freud (1914), p. 430).

Appare chiaro quindi come, soprattutto agli inizi, la separazione dal Maestro, la separazione da un certo modo rigidamente strutturato di considerare la teoria ed il metodo, fosse l’unico modo possibile per potersi esprimere liberamente, lasciando fluire i propri pensieri e le proprie novità.

Oltre ad Adler, vorrei citare, sebbene rappresenti forse una delle defezioni meno conosciute tra quelle occorse al movimento, la separazione dal gruppo di Stekel, uno dei soci fondatori, avvenuta nel 1912. Tale distacco mi sembra interessante poiché avvenne non tanto per ragioni teoriche, come accaduto con Adler e come vedremo nel caso di Jung, bensì per alcuni contrasti tra i due dovuti anche ad una certa incompatibilità di carattere. Stekel rappresentò uno dei membri più indisciplinati del gruppo, con un forte interesse per una sessualità di tipo pornografico, incapace, secondo Freud di una comprensione intuitiva dei processi inconsci, ad esempio dei sogni. Anche rispetto ai suoi studi sulla masturbazione Freud non mostrava alcun segno di apprezzamento: mentre, infatti, per Stekel essa rappresentava un atto assolutamente normale, per il Maestro, come evidenzia Roazen citando le sue Minute, essa era un “atto antisociale che comportava una generale svalutazione della vita sessuale” (P. Roazen (1975), p. 266). La rottura vera e propria avvenne in seguito al rifiuto, da parte di Stekel, di far revisionare i propri articoli da V. Tausk, altro allievo di Freud.

Dott. Fabio Del Ben

Bibliografia

Freud, S. (1914). Per la storia del movimento psicoanalitico in OSF, volume 7. Bollati Boringhieri, Torino

Galimberti, U. (2006). Dizionario di psicologia. Gruppo editoriale L’Espresso, Roma.

Mangini, E. (2003). Lezioni sul pensiero post-freudiano. Led edizioni universitarie, Milano.

Roazen, P. (1975). Freud e i suoi seguaci. Einaudi, Torino 1998.

Zanda, G. Dimissioni ed espulsioni nel movimento psicoanalitico negli anni 1907-1914 e la questione del pluralismo, Atti del XXV Convegno della rivista «Psicoanalisi e Metodo», 13 novembre 2010, Lucca.

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