C’è una canzone che si intitola “Balance not simmetry”. L’equilibrio viene considerato come ciò di cui abbiamo bisogno, a scapito della simmetria. Al di là del testo mi sembra che il titolo stesso si presti ad una piccola riflessione. Equilibrio significa libertà, significa divincolarsi dalla gabbia della simmetria (essere uguali a, essere come, e quindi in fondo per se stessi essere nessuno, come diceva Pirandello) per scegliere di poter essere più cose in tempi diversi. Vuol dire, cioè lasciarsi andare ad una certa fluidità, a patto che essa stessa non si trasformi in un’ulteriore gabbia che imprigiona. All'interno dell’equilibrio c’è la sintesi dei contrari, il famoso "aufhebung" di Hegel, che ammette al suo interno ciò che un tempo è stato sintesi ed antitesi. Equilibrio significa contraddizione e, a pensarci bene, noi esseri umani siamo intimamente sedotti dalla contraddizione, dalle pubblicità contro il fumo pagate dallo stato che ne detiene il monopolio alla produzione di auto con lo schermo sincronizzabile con il telefonino pur consapevoli della loro pericolosità per la sicurezza stradale. È come se ogni piccola, anche banale, contraddizione generasse un limbo nel quale tutti noi ci troviamo ad essere inghiottiti, un limbo che ci permette di vivere quella infantile condizione di beatitudine precedente alla scelta: non bisogna decidere nulla, valgono entrambe le prospettive, A e non-A. Quello che però succede è che le persone spesso non scelgono A in un momento e non-A in un altro (equilibrio precario assolutamente comprensibile ed auspicabile), bensì rimangono in questo limbo e si arrendono all'attesa di ciò che succederà. In questo senso, ed in questo soltanto, esse arrivano ad un paradosso consistente nel fatto che scegliere l’equilibrio vuol dire, più in profondità, trovarsi proprio a non dover scegliere affatto. Esse vivono (e spesso muoiono) prima della scelta.
Dott.Fabio Del Ben
Comments