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Immagine del redattoreFabio Del Ben

(S)proloquio #5


Nella rubrica “scelte non fatte pensandoci ma perché va di moda” non posso non annoverare il concetto di “km 0”, un esempio di come sia semplice creare dal nulla qualcosa che metta le persone le une contro le altre. Molti chef hanno sostenuto e sostengono il prodotto acquistato dal contadino a 100 mt di distanza dal ristorante, i menù dei ristoranti sono pieni di diciture “prodotto a km 0”, quasi in sé bastasse a garantire la genuinità e la succulenza del cibo in questione. E per molti è così.

Fermiamoci un attimo e pensiamo a quanto appena letto.

Perché un prodotto locale dovrebbe essere migliore di un’eccellenza che sta a 300 km dal posto in cui mi trovo? Qual è l’origine di questo “razzismo degli ortaggi”?

Dietro questa “ideologia” c’è l’idea che un prodotto locale possa ad esempio favorire la promozione del proprio territorio a scapito della grande distribuzione o decrementare l’inquinamento generato dal trasporto su ruota a favore della freschezza. Tutte ragioni assolutamente legittime laddove però non diventino un granitico e formalmente ineccepibile modo per lasciare che qualcos'altro (in questo caso una “ideologia”) decidano per noi. Non vedo perché un territorio non possa beneficiare dei prodotti di una regione più o meno vicina. Si potrà muovere l’accusa che in questo modo nessuno si muoverebbe in visita in altri luoghi diversi dal proprio. Francamente mi auguro che una persona decida di andare in vacanza per conoscere nuovi luoghi e non solo per assaggiare il pomodoro (per esempio) che magari più trovare anche nel ristorante della propria città che si beffa del “km 0”. Per la stessa ragione avrebbe poco senso pensare che in tal modo si perderebbero le differenze tra le regioni: sarebbe come dire io e la persona che ho al mio fianco siamo uguali perché entrambi abbiamo in mano la stessa varietà di pomodoro.


Dott.Fabio Del Ben

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