Facciamo un altro esempio, prendiamo il calcio (che da tifoso è lo sport di cui ho più esperienza). Quante volte si sente il telecronista qualificare i cori di “buuuh” rivolti ad un calciatore (sempre di colore) come razzisti? Ebbene, è come se in tale condizione tale interpretazione fosse quasi obbligata, denunciata, come “è bene fare in questi casi”, “come fanno le persone per bene”. E se uno volesse criticare un giocatore per un passaggio sbagliato od un gol mancato? Tale possibilità è abolita totalmente: chi fischia un giocatore di colore lo fa perché è di colore e basta, non c’è spazio per altre letture possibili. Il razzismo qui, la “nebulosa razzismo”, è come se esercitasse una forza di attrazione così forte da impedirci di fare un pensiero differente.
Facciamolo ora.
Dove sta davvero qui il razzismo? A me sembra stia proprio nelle parole del telecronista che interpreta in senso razzista le urla di disapprovazione del pubblico. Certo, sicuramente tra i tifosi ci sarà qualcuno che critica il giocatore per colore della pelle (che poi, che senso ha criticare uno per il colore della pelle?) e non per le sue incertezze calcistiche, ma non possiamo generalizzare ciò ad un intero pubblico. Allora, volendo continuare su questa possibile linea di pensiero, ci troviamo di fronte al paradosso consistente nel fatto che l’unico davvero razzista è proprio colui che cerca di dimostrarsi come antirazzista.
Dott.Fabio Del Ben
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