Il nostro cognome è qualcosa che reputiamo molto personale, al punto che quando ci presentiamo spesso è la prima e talvolta unica informazione che diamo. Esso è sicuramente meno diffuso del nostro nome ragion per cui spesso ci identifichiamo col primo a scapito del secondo. Il nome invece viene considerato quasi un’informazione accessoria, qualcosa di informale. Abitualmente ciò che è più diffuso (nome) viene considerato come ciò che ci qualifica di meno, per cui non lo utilizziamo in prima istanza, mentre ciò che è meno diffuso (cognome) viene inteso come ciò che ci qualifica più propriamente. Io credo che in realtà sia proprio il nome ciò che ci qualifica maggiormente perché esso indica noi, noi stessi in carne ed ossa e non la nostra famiglia di appartenenza (del padre o, anche, della madre). “Fabio” sono io (gli inglesi parlano di “first name”) mentre “Del Ben” (quello che gli inglesi chiamano “second name” o “family name”) è il cognome di mio padre. C’è una frase tratta dal “Faust” di Johann Wolfgang Goethe (non potevo non mettere i nomi) che recita: “Quello che erediti dai tuoi padri, riguadagnatelo, per possederlo”. Ecco io credo che questo passaggio possa (anche) essere compiuto nella forma della valorizzazione del nostro nome, il ché chiaramente non implica un disconoscimento del cognome. Ci si potrebbe chiedere che differenza ci sia tra due “Del Ben” e due “Fabio”: essa consiste nel fatto che nel primo caso io paragono genitori a genitori, generalmente padre a padre ed io scompaio da tale associazione, mentre nel secondo la linea generazionale è differente, io paragono quel Fabio a me, a quello che IO sono, cogliendone somiglianze e differenze.
Fabio Del Ben
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