“Ciao, come stai?”Moltissimi messaggi che riceviamo ed inviamo iniziano così…spesso però tale domanda non riceve alcuna risposta. Essa è ormai divenuta parte di una formula standard di saluto che implica un interessamento all’Altro dettato più da una forma di cortesia che da un autentico interesse. Addirittura spesso è sostituita da un generico “Com'è?” o “Come va?”, in cui l’Altro scompare del tutto lasciando spazio all'impersonalità. Inoltre, perfettamente consapevoli di tale formula di apertura, non la consideriamo neppure un vero quesito e spesso la lasciamo cadere nel vuoto.
A mio parere questa è una delle domande più difficili alla quale rispondere; credo che dovrebbe essere posta solo dopo un po’ che si conosce davvero un'altra persona, a patto, chiaramente, di volerla considerare una vera domanda. È un quesito complesso perché implica un far proprio quello dell’altro: “Come sto?”; e spesso è così difficile compiere questo passaggio, nonché darsi una risposta, che si preferisce soprassedere.
Al di fuori di Whatsapp le cose vanno un po’ diversamente, ma neppure troppo: la non risposta viene sostituita da un generico “Bene, grazie”, oppure da una delle varie formule che ci siamo abituati ad usare, da “normale”, a “si tira avanti”, da “abbastanza dai” a “tutto ok”. Formule vuote che non dicono nulla ma che al massimo rappresentano la risposta banale a quello che viene percepito come un finto interesse. Così facendo, però, ci facciamo violenza; certo, è difficile dire come stiamo ma di certo è più facile farlo quando sentiamo che dall'altra parte c’è qualcuno davvero interessato a noi, a quello che stiamo facendo ecc. ecc.. Non a caso quando, di fronte alla nostra abituale formula di risposta, l’Altro ci chiede “Davvero dai, come stai?”, spesso, se a chiedercelo è una persona cara, i nostri occhi si illuminano e siamo davvero felici di poterci finalmente aprire autenticamente senza barriere e nascondimenti. Try this at home!
Fabio Del Ben
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