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Psicologo Psicoterapeuta
Piccolo elogio del paradosso.
“Ciò che nei miti si presenta inverosimile, è proprio quel che ci apre la via alla verità: infatti, quanto più paradossale e portentoso è l'enigma, tanto più pare ammonirci a non affidarci alla nuda parola, ma ad affaticarci intorno alla verità riposta.”
Flavio Claudio Giuliano, “Al cinico Eraclio”
Paradosso è una parola che difficilmente attrae la simpatia delle persone. Quando parliamo di paradosso nel linguaggio quotidiano, ci riferiamo a qualcosa che si oppone al modo di pensare della maggior parte della gente, che procede appunto contro la “δόξα”, contro l’opinione comune e che sembra essere velato di un’aura negativa e, per questo, debitamente evitato; del resto siamo abituati a cercare la coerenza piuttosto che l’incoerenza, la logicità piuttosto che l’illogicità e, in tal senso, non viene lasciato spazio ad espressioni che vadano nella direzione opposta.
Un esempio di paradosso può essere la proposizione “questa affermazione è falsa”: se infatti la si considera vera allora è falsa mentre se la si considera falsa allora è vera.
L’aspetto che è interessante notare è che, nonostante questa sorta di antipatia verso ciò che si oppone al nostro modo di pensare, laddove il paradosso si mostra, esso attrae prepotentemente la nostra attenzione. Può essere rappresentato da un “no” in luogo di uno scontato “si”o da un pensiero o da un’azione che vanno in senso contrario a quanto ci si aspetterebbe. È come se, di fronte ad un’ipotetica linea che tende all’infinito comparissero, talvolta, piccoli segmenti di segno opposto che, proprio poiché rari, ci attraggono e ci affascinano. Non è un caso che, per esempio, le situazioni nelle quali accade qualcosa che non ci aspettiamo o dove qualcuno si comporta in maniera opposta a quanto ci immagineremmo, siano quelle che ottengono il maggior numero di attenzioni. Certo, non basta opporsi ad una regola o ad una legge perché tali circostanze ci attraggano: un automobilista che procede in senso contrario per strada e che rischia di causare un incidente o che, anche semplicemente, pensa di comportarsi in tal modo, non ha nulla di affascinante e tanto meno di paradossale. Lo sarebbe, piuttosto, un automobilista che protesta per il traffico chiedendosi dove debba andare tutta quella gente a quell’ora.
In campo artistico troviamo numerosi esempi di quello che possiamo far rientrare all’interno dello spazio del paradosso: in particolare mi riferisco alle opere di M.C. Escher, celebre grafico ed incisore olandese oppure ai quadri di P.Soulages, “Maestro del nero”. Se nell’artista olandese è evidente il modo in cui le sue opere rompono la logica comune, ponendosi come trasposizioni grafiche del paradosso, nel pittore francese, invece, l’elemento di novità è rappresentato dall’idea stessa di nero, non più descritto come semplice assenza di colori ma valorizzato nella sua pienezza di significato o nella sua per nulla scontata luminosità. Altro esempio del paradosso nell’arte può essere rappresentato dalla celebre opera di R. Magritte “La Trahison des images” nella quale viene raffigurata una pipa seguita da una didascalia in corsivo che afferma: “Ceci n’est pas une pipe”(Questa non è una pipa).
Cosa c’è dunque di così interessante in essi?
Mi sembra che un primo elemento importante sia rappresentato dal senso di sorpresa che essi generano in noi: ci sorprendiamo di fronte ad un modo differente di usare degli oggetti, che procede in direzioni diverse da quelle a noi conosciute e da noi apprese, così come nel leggere le parole di un filosofo o di uno scrittore che ci fanno riflettere su un tema cogliendo dei significati impensabilmente nuovi.
In secondo luogo tali tipi d’immagini e testi ci offrono uno spazio di pensiero ulteriore, ci sfidano a riflettere in maniera nuova su qualcosa di ormai dato per scontato e per questo mai più oggetto del nostro sguardo.
Possiamo evidenziare, quindi, come i paradossi testimonino il coraggio di chi si è fatto portavoce di un modo nuovo di vedere il mondo, di chi ha deciso di dare dignità al proprio pensiero seppur con il rischio di non essere capito o di essere deriso.
E ciò non si allontana troppo da quello che si può fare nella stanza della terapia, stanza che accoglie la possibilità di fare un lavoro che, per definizione, lascia fuori dalla porta il pensiero logico e la coerenza e che lascia ampio spazio, invece, alle libere associazioni che emergono dal profondo.
Dott. Fabio Del Ben
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